ROSATO, IL VINO IDEALE PER LA PRIMAVERA
Categoria da sempre snobbata, e spesso a ragione, quella dei vini rosati trova nel periodo primaverile il momento di massimo splendore. Due parole per saperne di più.
Parli di rosato e spuntano i distinguo e i problemi d’immagine. I motivi? Sostanzialmente due: il primo è che il consumatore non ha mai capito il perchè esista una tipologia di vino che, in fondo, non è “né carne e né pesce”. Il secondo è che molto spesso (almeno fino a poco tempo fa) la qualità media della categoria era decisamente deludente.
Questo a causa della tecnica utilizzata per i rosati meno interessanti: il salasso.
Come sappiamo tutti, il colore di un vino rosso è conferito dalle bucce dell’uva (rossa) durante la macerazione/fermentazione. Immagina ora di pressare 100 kg di uva rossa e di ottenerne 50 litri di mosto. Dal recipiente che contiene i 50 litri più le bucce, dopo una notte di macerazione/fermentazione tu decidi di togliere (salassare) 20 litri di mosto.
Questo mosto non sarà più incolore come quando era appena pressato, ma sarà ora di una delicata tonalità rosa. Il mosto che continuerà a fermentare con le bucce estrarrà da queste molto più colore diventando un rosso molto carico e (quasi sicuramente) corposo. Facendo invece finire la fermentazione al mosto rosato sottratto otterrai un vino rosato.
Ma che sarà quasi certamente carente sotto diversi aspetti. Uno dei più comuni è l’alcolicità (eccessiva).
Un’uva maturata per produrre un grande vino rosso ha quasi certamente un’alto tenore zuccherino, che si traduce poi in alcool. Se da quest’uva tu ricavi un vino rosato, questo non avrà la struttura sufficiente per bilanciare la grande alcolicità, ed il vino in bocca “brucerà” un pò.
Se invece un produttore destina dell’uva alla produzione di rosato, le cose cambiano di parecchio, e i territori d’elezione si restringono non poco.
Alla prossima per qualche dritta lungo lo Stivale.
Francesco Annibali
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