IL VERDICCHIO E L’INVECCHIAMENTO, UNA SFIDA STRAVINTA
Interpretato fino agli anni ’80 quasi esclusivamente come bianco acidulo di pronta beva, il vino simbolo dell’enologia marchigiana si è rivelato più o meno l’esatto contrario di ciò che si credeva
Eh lo so: il diminutivo del nome non ispira fiducia, ma il Verdicchio a detta di tutti gli esperti è uno dei 3-4 migliori bianchi d’Italia (lo sapevate?).
Come bere al meglio il Verdicchio
Da bere fresco ma non ghiacciato, e soprattutto mai troppo vicino alla vendemmia (visto il carattere “sulfureo” e introverso), si è “rivelato” eccellente sia vendemmiato tardivamente (visto che non perde acidità), sia tenuto sui lieviti per molto tempo, sia affinato in botti di grandi dimensioni, sia come spumante metodo classico.
Più complicato invece il rapporto con il legno piccolo, che in gioventù tende a nascondere il carattere varietale (e non ad esaltarlo, come con lo Chardonnay, ad esempio), e con le interpretazioni dolci, quasi sempre un pò troppo amarognole.
Il Verdicchio ama il lungo invecchiamento in bottiglia
Un dato è ormai consolidato: il Verdicchio di razza ama la lunga sosta in bottiglia (parlo anche di decenni), visto che non perde acidità e al contempo acquisisce parecchio in complessità.
La prossima volta che trovate una selezione non giovanissima nella carta di un ristorante, fateci un pensierino. Oppure veniteci a trovare al ristorante l’Invito giovedi prossimo, dove proporremo alcune vecchie annate di Bisci – produttore top del comprensorio di Matelica – in accompagnamento a prelibatezze e alto artigianato.
Il Verdicchio di Bisci al ristorante L’Invito
Francesco Annibali